Nino Piazza

Visitazione è diversione. Il prologo essenziale di un lungo viaggio dentro la pittura, dentro la parola, al loro dialogo profondo.

E’ l’incontro tra Maria e la cugina Elisabetta, della verità che le accomuna, della consapevolessa che le accompagna. E’ l’assunzione di responsabilità che l’artista con la sua opera evoca, commenta.

Un canto notturno, intimo, personalissimo che non ammette alcun cedimento morale. Per Claudel conoscere un quadro significava anzitutto averlo ascoltato: “ La pittura, egli scrive, è la scuola delsilenzio. I quadri dei grandi maestri sono come pieni della sonorità di una frase non pronunciata”. Affidarci all’orecchio interiore può farci distinguere i capolavori dalle  croste.

 E ancora il poeta: “ Sono ben tristi quadri, quelli a cui è impossibile prestare orecchio”.

La titolazione delle opere siano tele, tavole, sculture o installazioni significano e completano sottolineando la matrice letteraria del pensiero compositivo, ciò che è progetto, relazione stretta, indefettibile.

Questo dialogo fra parola e immagine è fondativo per Piazza e richiede una discesa all’interno di se stessi. Ed è solo apparentemente contraddittorio, poiché il luogo è insolitamente favorevole, pensare che un incontro con un’opera d’arte come con un “ selvaggio” possa venire solo lontano dalla folla.

Uno dei topoi più antichi della cultura retorica greco-latina “ l’occhio ascolta “ viene mirabilmente affrontato da Giambattista Marino nella prima Diceria sacra: “ La poesia è detta pittura parlante, la pittura poesia taciturna; dell’una è propria una mutola facondia, dell’altra un eloquente silenzio; questa tace in quella e quella ragiona in questa, onde scambiandosi alle volte reciprocamente la proprietà delle voci, la poesia dicesi dipingere, e la pittura descrivere”.

Lo sforzo ulteriore di Piazza tende a ricostituire le categorie percettive indispensabili alla comprensione delle sue opere.

Come testimonianza è l’agire dell’artista, la sua mano. Il seme orationis  “ pittura parlante, poesia muta “, come per l’ortodossia tridentina, si avvale di un puntuale sincretismo che il genere dell’artista, la sua opera, compendia.

Sul fondo “ è la porta dell’antro che prelude a un viaggio sotterraneo, il passaggio da una condizione visibile dal carattere “ primordiale “ come la montagna, simbolicamente connessa al periodo originario dell’umanità terrestre, momento in cui la verità era accessibile a tutti, al momento in cui quest’ultima divenne appannaggio d’una èlite più o meno ristretta, il centro spirituale si sposta dalla cima verso l’interno, dalla montagna alla caverna.

Opera emblematica.

Nero, bagliori nella profonda notte. Separazione, dissoluzione, estrazione, preparazione, “ carcere tenebrosissimo “ congiunzione, abluzione, denudamento.

Parola alla parola, il fatto al fatto.

di Luigi Meneghini

da Visitazione, catalogo della mostra, Montechiarugolo, Palazzo Civico, 24 marzo – 1 maggio 2007.